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Ultimo Aggiornamento: 13/09/2006 13:27
spy74
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18/02/2006 19:11
 
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LO SPINELLO? ADESSO VI DICO COME LA PENSO IO
LO SPINELLO? ADESSO VI DICO COME LA PENSO IO
Tratto da "OGGI" del 22 febbraio 2006, p. 23

LA NOSTRA SALUTE, DI UMBERTO VERONESI

Sia ben chiaro: sono un convinto oppositore di tutte le droghe, alcol e tabacco inclusi. Ma chiediamoci perché i giovani ne fanno uso, invece di emanare una legge repressiva destinata solo a peggiorare le cose

Mi chiedo, francamente, se noi genitori dovremo temere d’ora in poi di ritrovarci i figli in galera per aver avuto in tasca un paio di spinelli… Che dice professore?
Franco L., Milano

Potrebbero piombare addosso ai ragazzi e alle loro famiglie delle multe: da 26 mila a 260 mila euro, per chi acquista o detiene sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità (se superiore ai limiti massimi, che saranno indicati con un successivo decreto) o «per modalità di presentazione» o per «altre circostanze» appaiono destinate ad un uso non personale. La legge dà al giudice la possibilità di stabilire se si tratta di consumo o spaccio. Un minimo (26 mila euro) che vale quanto uno stipendio annuo, e un massimo (260 mila euro) che equivale al valore di una casa non piccola… Chi potrebbe pagare queste cifre, e quali sarebbero le conseguenze, se non quelle di creare disastri? Si vuole forse credere, o far credere, che la nuova legge adempirà proprio al compito di difendere e salvare vite? Chi ha imposto la nuova legge ha enfatizzato il valore deterrente della prigione e delle pesantissime sanzioni, ma l’intera storia delle leggi repressive ci parla di insuccessi: nemmeno la pena di morte, nelle società in cui essa viene applicata, è mai riuscita ad abbassare il tasso dei delitti per i quali viene comminata.

È puramente ideologico aver cancellato la differenza tra le droghe cosiddette «maggiori» (eroina, cocaina) e le droghe leggere, come lo spinello o l’ecstasy, affermando che sono tutte pericolose, e poi sostenendo addirittura che da queste sostanze, tipicamente «ricreazionali» e d’uso sporadico, si passa alle droghe pesanti e alla tossicodipendenza. Ma questo è uno di quei tipici argomenti che vengono usati per ottenere consenso ingenerando allarme sociale. Infatti, se fosse vero che dalle droghe leggere si passa allo stato di tossicodipendenza, le statistiche non ci darebbero un numero di circa 200 mila tossicodipendenti, più o meno come 10 anni fa. Se vogliamo leggere questo dato non solo con razionalità, ma anche con spirito positivo, significa che c’è stato un ricambio generazionale, e che una buona parte della «vecchia» popolazione di tossicodipendenti è stata curata e guarita, mentre i «nuovi» tossicodipendenti sono solo una piccola frazione di tutti coloro che hanno fatto o fanno ancora uso di droghe leggere: le osservazioni svolte in tutto il mondo confermano questa diagnosi.

Tali considerazioni, sia ben chiaro, non significano che io sia favorevole alle droghe leggere: anzi, sono un convinto oppositore di tutte le droghe, inclusi l’alcool e il fumo di tabacco. Però credo di avere il diritto-dovere di (ri)affermare che i proibizionismi non solo non servono a niente, ma peggiorano la situazione. Se l’uso delle droghe leggere è, nella nostra società, un fenomeno di massa che riguarda pressappoco il 50% dei nostri giovani, si può credere, seriamente e con onestà intellettuale, che il fenomeno vada affrontato, come fa la nuova legge, allestendo una vera e propria «macchina da guerra» poliziesca e repressiva? Non voglio nemmeno entrare (ma dovrebbe farlo chi ha imposto la legge) nel discorso di come potrà funzionare, in una situazione di cronica carenza di risorse umane e finanziarie, di drammatico affollamento delle carceri, di enorme accumulo dei procedimenti giudiziari.

No: le soluzioni devono essere altre. Il giovane va instradato verso obiettivi che gli infondano la gioia di vivere, di lavorare e di studiare. Lo spinello, è ormai provato, è considerato da chi ne fa uso una droga «ludica», di socializzazione, di relax. Allora, chiediamoci perché i giovani hanno bisogno dello spinello per rilassarsi e per socializzare, e perché non aiutarli a impiegare il tempo in attività ludiche e ricreative, in particolar modo nello sport, in forma competitiva. Per esempio, perché mai in Italia, come invece avviene in altri Paesi, ogni scuola non ha la propria squadra di calcio o di pallacanestro? Io mi chiedo davvero che senso abbia approntare una legge repressiva sulla droga. Si dia uno sguardo alle statistiche epidemiologiche: riportano che l’eroina provoca circa 1000 morti all’anno, ma che la mortalità per droghe leggere è pari a zero.

Su un altro versante, di cui però non si parla mai, stanno il fumo di tabacco e il consumo di alcool. Il tabacco causa 80 mila morti all’anno per diversi tumori (in particolare quello del polmone); l’abuso di alcool ne provoca 30 mila. E i giovani, della cui tutela si dovrebbe occupare questa legge sulla droga, muoiono in gran numero a causa dell’abuso di alcol. Qui i numeri sono infinitamente più drammatici: è attribuibile all’alcol tra il 40 e il 60% di tutti i decessi di giovani tra i 15 e 29 anni di età, secondo L’Organizzazione mondiale della sanità. E questo dato vale tragicamente anche per l’Italia.
spy74
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20/02/2006 14:21
 
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INDONESIA: ERGASTOLO PER TRAFFICO DI DROGA ANCHE AGLI ULTIMI TRE AUSTRALIANI

Fonte: Ap

Per il traffico di 8 kg di eroina 7 ergastoli 2 condanne a morte Bali

INDONESIA, 15 febbraio 2006 - Gli ultimi tre australiani della banda dei “nove di Bali” accusati di traffico di droga dall’Indonesia all’Australia sono stati condannati all’ergastolo dal tribunale di Bali.
Tan Duc Thanh Nguyen, 23 anni, Si Yi Chen, 20 anni, e Matthew Norman, 19 anni, sono stati condannati all’ergastolo come altri quattro membri del gruppo, mentre altri due, considerati i capi, sono stati condannati nei giorni scorsi alla pena capitale da eseguirsi mediante fucilazione.
spy74
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22/02/2006 03:31
 
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DROGA: UN DOSSIER AL QUIRINALE SU INCOSTITUZIONALITÀ LEGGE

Fonte: Ansa

LO HA CONSEGNATO IL COMITATO SCIENTIFICO LIBERTÀ E DROGA


ROMA, 21 febbraio 2006 - Le nuove norme in materia di lotta alla droga contengono alcuni punti di incostituzionalita’: ne e’ convinto il Comitato Scientifico Liberta’ e Droga, che oggi pomeriggio ha consegnato al Quirinale un dossier contenente alcune considerazioni su questo tema, e che chiede al capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, di non controfirmare il decreto contenente la nuova normativa.

Il documento, frutto - riferisce il comitato - di un confronto con alcuni costituzionalisti tra i quali Giovanni Ferrara, Ugo Rescigno e Stefano Rodotà, evidenzia cinque punti di presunta incostituzionalità.


Innanzitutto, il fatto che la nuova legge demanda a una autorità amministrativa, il Ministero della Salute, il compito di fissare il quantitativo di droga penalmente rilevante, cioé la soglia al di sopra della quale il consumatore viene sanzionato penalmente.

In secondo luogo, il Comitato sottolinea come la Costituzione preveda il diritto e non il dovere alla salute: anche gli atti di autolesionismo non sono punibili penalmente.

Terzo punto, le nuove norme sarebbero in contrasto con il referendum del 1993 che ha abrogato la punibilità dell’uso personale.

Quarto punto, la disomogeneità che deriverebbe dal fatto che le nuove norme sulla droga sono state inserite in un emendamento al decreto sulle Olimpiadi invernali.

Infine, la mancanza dei requisiti di necessità e urgenza, richiamata - sottolinea il Comitato - dal deputato Giuliano Pisapia nella presentazione delle pregiudiziali di costituzionalità in aula il primo febbraio scorso.


Della delegazione che si è recata al Quirinale faceva parte anche Giuseppe Cucci, ingegnere, malato da molti anni di una grave forma di sclerosi multipla, che - informa il Comitato - dopo diverse terapie senza successo utilizza, a scopo terapeutico, la cannabis, che gli attenua i dolori.

La cannabis, che nelle nuove norme viene equiparata alle droghe cosiddette pesanti, è usata - rende noto il Comitato - a scopo terapeutico in Israele, Gran Bretagna, Canada, Spagna e in molti stati Usa.
spy74
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22/02/2006 18:51
 
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...cifre sulla war on drugs
La guerra alla droga è diventata dispendiosa, con qualcosa come 50 miliardi di dollari in spese dirette da parte di tutti i livelli di governo e molto maggiori costi indiretti, quali l'espansione del sistema carcerario per accogliere mezzo milione di trasgressori della legge sulla droga e il carico gravante sul sistema giudiziario. I diritti civili vengono talvolta violati. Una spesa in rapido aumento è quella causata dagli sforzi per impedire l'ingresso di droghe illegali negli Stati Uniti, stimata in 1,4 miliardi di dollari in quest'anno fiscale, il 41% in più rispetto a due anni fa.

Ciò riflette la tendenza del governo a versare sempre più denaro in un programma che non funziona. Non solo i vari sforzi non hanno fermato il flusso, ma hanno iniziato a creare degli attriti con paesi che gli Stati Uniti preferirebbero avere amici.

Come ha scritto Mary O'Grady del WSJ, si potrebbe ben sostenere che i tentativi, sponsorizzati dagli Stati Uniti, di eradicare le coltivazioni di coca in America Latina, stanno convertendo i contadini latini alla causa anti-americana della Cuba di Fidel Castro e del Venezuela di Hugo Chavez. Il loro amico Evo Morales era stato appena eletto presidente della Bolivia grazie al seguito di contadini che si era guadagnato opponendosi al programma di eradicazione delle piantagioni di coca appoggiato dagli Stati Uniti. Il grande business della cocaina in Colombia continua a prosperare nonostante gli sforzi combattivi degli Stati Uniti, in sostegno, tra gli altri, della guerriglia di sinistra.

Più seriamente, il Messico è stato destabilizzato dalle bande preoccupate dell'accesso al redditizio mercato statunitense. Un'ondata di omicidi di pubblici ufficiali e giornalisti in luoghi come Nuevo Laredo e Acapulco riporta alla mente le ondate di crimine nell'era della proibizionismo degli anni '30 nella Chicago di Al Capone e nella Detroit della Purple Gang. In Afghanistan al Qaeda e i Talebani fanno proseliti tra i coltivatori di oppio della regione con l'argomento che gli Stati Uniti sono loro nemici. Il che ha il pregio di essere vero.

Milton Friedman vide il problema. Più le autorità tagliano le forniture di marijuana, cocaina ed eroina che arrivano nel ricco mercato statunitense, più cresce il prezzo al dettaglio di queste sostanze, rendendo il commercio immensamente vantaggioso - e per di più, naturalmente, esentasse.

Nel 1933 gli Stati Uniti finalmente posero fine a 13 anni di proibizionismo sull'alcol, una droga per molti versi più tossica e dannosa per la salute della marijuana. Quello sforzo di modificare il comportamento umano lasciò un'eredità di corruzione, criminalità e morti e cecità causate dal bere pessimi alcolici. Il consumo di alcol in America crebbe in seguito alla revoca, ma nessuna persona seria oggi sostiene la riproposizione dell'esperimento fatto sull'alcol. Però si cerca ancora di mettere in pratica il proibizionismo, con grandi spese, per la limitata porzione di popolazione - forse un pò meno del 5% - che usa abitualmente le droghe bandite.

Le droghe che provocano l'alterazione dello stato mentale naturalmente portano dei problemi. Il loro uso contribuisce ai crimini, agli incidenti automobilistici, all'emarginazione di forza-lavoro e alla disgregazione delle famiglie. Ma il più diffuso responsabile di questi problemi sociali non sono le sostanze illegali. E' l'alcol. La società vi fa fronte punendo il cattivo comportamento degli ubriachi, offrendo programmi di riabilitazione e mettendo in guardia i giovani sui rischi. La maggior parte degli americani beve con moderazione, comunque, senza creare problemi né a sé né alla società.

L'educazione può essere un antidoto per l'abuso. Quando fu finalmente provato che le sigarette costituiscono un rischio per la salute, il fumo tra i giovani diminuì e molti cominciarono a dare lezioni ai propri genitori su quella brutta abitudine. Arrivò l'LSD e se ne andò quando i suoi pericoli divennero evidenti. La capacità dell'eroina di creare dipendenza e debilitazione è abbastanza nota da circoscrivere il suo uso a una popolazione limitata. Programmi privati di educazione sul rischio insito nell'abuso di droghe si sono diffusi in tutto il paese con buoni risultati.

Alcuni medici sostengono che l'uso di alcune droghe sia troppo limitato. La marijuana può aiutare a controllare la nausea che segue la chemioterapia, dare sollievo nei dolori causati dalla sclerosi multipla e aiutare i pazienti il cui appetito è stato ridotto a una soglia limite dall'AIDS. La morfina, si dice, è usata troppo di rado per alleviare il terribile dolore dei malati terminali di cancro. Si afferma che l'uso d'erba e cocaina da parte dei giovani del centro città costituisca una medicina auto-prescritta per la depressione e la disperazione che accompagna le loro esistenze. I medici prescrivono il Prozac per i medesimi problemi della classe media.

Qual è, dunque, l'alternativa? C'è un esercito di impiegati governativi che vive delle leggi sulla droga e ha un interesse piuttosto incoerente nel sostenere da una parte che le leggi sulla droga funzionano e dall'altra che serve più denaro. La sfida è stata lanciata: sei a favore della legalizzazione? Di fatto la maggior parte delle droghe sono legali, inclusi l'alcol, il tabacco, il caffè e la vasta gamma di droghe moderne e salvavita amministrate dai medici. Ad essere precisi dunque, la questione dovrebbe essere: sei a favore della legalizzazione e depenalizzazione della vendita e del consumo della marijuana, della cocaina, dell'eroina e delle metanfetamine?

Una grande percentuale di americani risponderebbe probabilmente di no, soprattutto perché si tratta di persone rispettose della legge, che conservano degli alti standard morali ed etici e non vogliono arrendersi a una minoranza che viola la legge, si tratti dei ghetti di Washington D.C. o dei saloni di Beverly Hills. La paura di arrecare un danno alla struttura della società è legittima. Ma la domanda da porsi è un'altra: quella struttura sta - ora - subendo un danno?


Author: George Melloan
Pubdate: Tue, 21 Feb 2006
Source: Wall Street Journal (US)
Column: Global View
Page: A19
Copyright: 2006 Dow Jones & Company, Inc.
Contact: wsj.ltrs@wsj.com
Website: www.wsj.com/
Details: www.mapinc.org/media/487
URL: www.mapinc.org/drugnews/v06/n229/a09.html
spy74
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23/02/2006 15:50
 
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DROGA: MAXI BLITZ POLIZIA, 305 ARRESTI IN TUTTA ITALIA

Fonte: Agi

Roma, 23 febbraio 2006 - Si e’ conclusa oggi un’imponente attivita’ della Polizia di Stato, condotta in nove regioni, contro il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti. L’operazione ha portato all’arresto di 305 trafficanti di droga ed al sequestro di 20 kg. di cocaina, 5 kg. di eroina, 24 kg. di hashish, 8 kg. di marijuana, 2.915 dosi di amfetaminici. Le operazioni sono state condotte dal Servizio Centrale Operativo (SCO) della Direzione Centrale Anticrimine (DAC) della Polizia di Stato e dalle 63 Squadre Mobili situate nelle regioni interessate dal dispositivo investigativo. Tutte le attivita’ sono state coordinate dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga che ha svolto, in sinergia con i predetti Uffici, l’attivita’ di raccordo info-operativo. Gli interventi investigativi sono stati realizzati in Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Abruzzo e Puglia e sono stati preceduti da un’intensa attivita’ di controllo del territorio che ha permesso di riscontrare, in via preventiva, anche le segnalazioni sui luoghi di spaccio fatte dai cittadini. Proprio i cittadini, con le loro segnalazioni al 113 ed ai Poliziotti di quartiere, hanno permesso di avviare un’attivita’ di riscontro sui dati comunicati consentendo, in seguito alle conferme di indagine, di azionare la leva investigativa che ha portato la Polizia di Stato all’arresto di 305 sospetti. Le attivita’ investigative sono state incentrate, soprattutto, sui luoghi di spaccio situati in prossimita’ delle discoteche e dei locali notturni che, in questo periodo di carnevale, sono molto frequentati dai giovani. L’azione operativa ha quindi permesso di ridurre fortemente la pronta disponibilita’ sul territorio di eroina, cocaina e hashish e di sostanze di origine sintetica quali, soprattutto, ecstasy ed anfetamine in genere.

Sono stati impiegati, nel corso delle investigazioni, anche sofisticati strumenti tecnologici di cui e’ dotata la Polizia Scientifica che hanno permesso di monitorare, attraverso speciali videocamere installate a sorveglianza dei luoghi di spaccio segnalati dai cittadini, tutte le fasi dello smercio di sostanze stupefacenti, consentendo di individuare i pusher nel momento della cessione della droga. Alla fase operativa dell’indagine hanno partecipato anche speciali squadre antidroga della Polizia di Stato che, da numerosi anni, contrastano, con importanti risultati, la diffusione di droga sul territorio. Numerosi arresti sono stati realizzati anche dai Reparti Prevenzione Crimine della Polizia di Stato, che hanno partecipato, in tutte le 10 regioni interessate, alla delicata fase di rintraccio degli spacciatori.

Da tempo il Servizio Centrale Operativo (SCO) della Direzione Centrale Anticrimine (DAC) della Polizia di Stato ha modulato un piano strategico nazionale finalizzato al contrasto del traffico di sostanze stupefacenti. Le attivita’ procedono su due strade parallele, una indirizzata verso le organizzazioni criminali che gestiscono le importazioni della droga nel nostro Paese dai vari luoghi di produzione sparsi nel mondo e l’altra, di prevenzione anticipata, finalizzata alla limitazione della disponibilita’ della stessa sul territorio; questa seconda fase si realizza attraverso mirati servizi investigativi sui luoghi di spaccio segnalati al 113 ed ai Poliziotti di quartiere dai cittadini. Gli investigatori ritengono tali ultimi interventi molto importanti in quanto permettono di limitare gli ingenti proventi di denaro che i trafficanti traggono dalla vendita al minuto di droga; con particolare riferimento a quest’ultimo aspetto, la Polizia di Stato segnala che i profitti dei trafficanti raggiungono incrementi del 200% nel giro di 15 giorni.

La Polizia di Stato, negli ultimi sei mesi, ha realizzato 1.200 operazioni antidroga arrestando complessivamente oltre 1800 persone. Le investigazioni, inoltre, hanno portato al sequestro di oltre 3 tonnellate di sostanze stupefacenti. Sono stati colpiti gli ambiti criminali che gestiscono il lucroso business, dai grandi trafficanti calabresi, albanesi, siciliani e campani ai semplici pusher. Le attivita’ hanno consentito, inoltre, di ridurre, fortemente, la pronta disponibilita’ di droga sul territorio, limitando quindi i guadagni dei trafficanti.
spy74
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24/02/2006 05:19
 
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RIFORME: BENI (ARCI), IRRICEVIBILI MOLTE LEGGI CENTRODESTRA

Fonte: Ansa

CERVIA (RAVENNA), 23 Febbraio 2006 - Molte delle leggi fatte in questi ultimi anni sono, per il presidente nazionale dell’Arci, Paolo Beni, “semplicemente irricevibili”. Beni lo ha detto nella sua relazione al congresso nazionale di Cervia, nel Ravennate. “Se come tutti ci auguriamo fra poco piu’ di un mese il centrosinistra avra’ la responsabilita’ di governare, per intraprendere una seria politica riformatrice dovra’ partire dalla rimozione di queste leggi, almeno di quelle apertamente incostituzionali”. Il ragionamento per Beni “vale per la legge 30, per la riforma Moratti e per la Bossi-Fini”. Ma vale anche per “tanti altri provvedimenti che feriscono a morte la cultura civile e aprono nuovi scenari cupi per la societa’ italiana”. Tra questi ha citato la modifica delle norme sulla legittima difesa (“provvedimento osceno al punto da farci rimpiangere l’equilibrio con cui il legislatore fascista del Codice Rocco aveva affrontato un tema cosi’ delicato”). Ma Beni ha contestato anche la “legge proibizionista e punitiva sulle droghe” definendola un “provvedimento assurdo e avulso dalla realta’, che pretende di affrontare col Diritto penale un delicato problema sociale”. Dopo avere citato l’emergenza del sovraffollamento delle carceri Beni ha anche criticato la riforma-Castelli che secondo Beni “allontana la giustizia dalla sua missione istituzionale di servizio pubblico e la piega agli interessi particolari, subordina la Magistratura al potere politico”.
SPY74
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25/02/2006 03:36
 
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DROGA: COCA A COLAZIONE IN BOLIVIA

Tratto da Terra.es

IL CANCELLIERE PROPONE L'UTILIZZO DELLA COCA NELLA COLAZIONE SCOLARE IN BOLIVIA

Il Ministro degli Esteri della Bolivia, David Choquehuanca, ha proposto oggi al Congresso che la foglia di coca sia inclusa nella colazione scolare del paese per sfruttare il suo contenuto di calcio e fosforo


Traduzione a cura di Andrea Turchetti

Il cancelliere ha dichiarato alla Commissione Esteri della Camera dei Deputati che l'uso di queste foglie come alimento supplementare è parte delle politiche che il nuovo Governo sta studiando per rivendicare la valenza della pianta.

“Che i nostri figli abbiano bisogno di calcio e che la foglia di coca abbia più calcio del latte, sono affermazioni dell'Università di Harvard. I nostri figli hanno bisogno di fosforo e la coca ha più fosforo del pesce”, ha assicurato Choquehuanca ai legislatori.

“Possibilmente noi, al posto del latte, nella colazione scolare, dovremmo inserire la foglia di coca per i nostri bambini”, ha aggiunto il ministro di origine aimara.

La diffusione delle proprietà della foglia di coca fa parte di una campagna sulla quale lavora il governo di Morales affinché la comunità internazionale accetti di depenalizzare queste coltivazioni che sono anche usate come materia prima per la preparazione della cocaina.

Il ministro Choquehuanca ha poi sottolineato che la pianta “non è droga” e che dovrebbe essere industrializzata ed utilizzata come alimento complementare.

In Bolivia la pianta si coltiva legalmente nella regione di Yungas, nell'occidente del paese, e senza permesso delle autorità nella zona del Chapare, regione da dove è emersa la leadership sindacale e poi politica del presidente Morales.

La proposta di depenalizzazione della coca sarà avanzata alla prossima Conferenza Unione Europea-America Latina e Caraibi, che si terrà a Vienna il 12 e 13 maggio, ha spiegato il viceministro degli Esteri boliviano, Mauricio Dorfler.

Dorfler ha aggiunto che questo lavoro ha una prospettiva per il 2008 quando si riunirà la Commissione dell'Onu che analizzerà la situazione della coca, attualmente classificata come prodotto suscettibile di convertirsi in droga.
spy74
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25/02/2006 03:41
 
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DROGA: COCA A COLAZIONE IN BOLIVIA
IL CANCELLIERE PROPONE L'UTILIZZO DELLA COCA NELLA COLAZIONE SCOLARE IN BOLIVIA

Il Ministro degli Esteri della Bolivia, David Choquehuanca, ha proposto oggi al Congresso che la foglia di coca sia inclusa nella colazione scolare del paese per sfruttare il suo contenuto di calcio e fosforo


Traduzione a cura di Andrea Turchetti

Il cancelliere ha dichiarato alla Commissione Esteri della Camera dei Deputati che l'uso di queste foglie come alimento supplementare parte delle politiche che il nuovo Governo sta studiando per rivendicare la valenza della pianta.

Che i nostri figli abbiano bisogno di calcio e che la foglia di coca abbia pi calcio del latte, sono affermazioni dell'Universit di Harvard. I nostri figli hanno bisogno di fosforo e la coca ha pi fosforo del pesce, ha assicurato Choquehuanca ai legislatori.

Possibilmente noi, al posto del latte, nella colazione scolare, dovremmo inserire la foglia di coca per i nostri bambini, ha aggiunto il ministro di origine aimara.

La diffusione delle propriet della foglia di coca fa parte di una campagna sulla quale lavora il governo di Morales affinch la comunit internazionale accetti di depenalizzare queste coltivazioni che sono anche usate come materia prima per la preparazione della cocaina.

Il ministro Choquehuanca ha poi sottolineato che la pianta non droga e che dovrebbe essere industrializzata ed utilizzata come alimento complementare.

In Bolivia la pianta si coltiva legalmente nella regione di Yungas, nell'occidente del paese, e senza permesso delle autorit nella zona del Chapare, regione da dove emersa la leadership sindacale e poi politica del presidente Morales.

La proposta di depenalizzazione della coca sar avanzata alla prossima Conferenza Unione Europea-America Latina e Caraibi, che si terr a Vienna il 12 e 13 maggio, ha spiegato il viceministro degli Esteri boliviano, Mauricio Dorfler.

Dorfler ha aggiunto che questo lavoro ha una prospettiva per il 2008 quando si riunir la Commissione dell'Onu che analizzer la situazione della coca, attualmente classificata come prodotto suscettibile di convertirsi in droga.
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26/02/2006 04:59
 
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Italia. Ciampi ha firmato le nuove norme sulle droghe


Il capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi ha firmato il decreto sulle Olimpiadi invernali contenente l'emendamento che riforma la normativa antidroga. Lo si apprende da fonti del governo.

Dichiarazione di Marco Contini, Segretario di Antiproibizionisti.it
Apprendiamo da fonti autorevoli che il Presidente della Repubblica ha promulgato il testo di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, recante "misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidiv", approvato in via definitiva dalla Camera dei Deputati l'8 febbraio 2006.
Lo conferma un servizio di TV7 (settimanale di approfondimento del TG1, principale testata giornalistica del servizio pubblico) andato in onda intorno alle 23:45 di ieri sera, all'interno del quale si annuncia anche l'imminente pubblicazione del provvedimento (entro 7 giorni) sulla Gazzetta Ufficiale.
La notizia, pur essendo di capitale importanza, non ha finora trovato alcuno spazio e non è stata diffusa da nessun altro organo di informazione, nemmeno tra le agenzie di stampa, passando in tal modo del tutto inosservata.
Del definitivo via libera da parte di Ciampi non vi è traccia neppure sul sito del Quirinale, aggiornato al 16 febbraio.
Ancora una volta dobbiamo constatare come, da parte delle più alte cariche dello Stato, non soltanto si faccia strage delle norme e dei principi costituzionali, ma anche e soprattutto come ciò avvenga in maniera del tutto irrispettosa della dignità propria di tali istituzioni, spoglia da ogni ufficialità, in punta di piedi, con un atteggiamento che lascia trasparire quasi un senso di vergogna più che una forma di discrezione.
Tutto ciò ci rattrista e ci preoccupa non poco. Il Presidente della Repubblica ha deciso di non ascoltare i numerosi appelli che, in forza del suo alto ruolo istituzionale, lo invitavano a farsi garante a tutela e salvaguardia della Costituzione.
Non ci resta, a questo punto, che affidarci al senso di responsabilità della Corte Costituzionale, ultima speranza di vedere difeso il nostro Stato di diritto.
Spy74
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27/02/2006 04:36
 
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[SM=g27811] spettakolo stà proposta e ki mangia + [SM=g27825]
Spy74
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28/02/2006 01:33
 
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[SM=g27811] ...tutti a far le ferie stive in Bolivia!.. [SM=g27828] [SM=g27827]: [SM=g27822] [SM=g27811] [SM=g27830]
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02/03/2006 18:10
 
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È ENTRATA IN VIGORE LA NUOVA LEGGE SULLA DROGA
PUBBLICATA SULLA GAZZETTA UFFICIALE LA 49/06
Comunicato stampa diramato alle ore 13:50 del 28 febbraio 2006.

È ENTRATA IN VIGORE LA NUOVA LEGGE SULLA DROGA

INTANTO LE TABELLE ANCORA NON ESISTONO

Dichiarazione di Marco Contini, Segretario di Antiproibizionisti.it

ROMA, 28 febbraio 2006 - In seguito alla promulgazione da parte del Presidente della Repubblica della legge n. 49/2006 che converte il decreto sulle Olimpiadi di Torino e alla conseguente pubblicazione, avvenuta ieri, sulla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27-2-2006- Suppl. Ordinario n.45, la nuova normativa che modifica il DPR 309/90 è da oggi ufficialmente e a tutti gli effetti in vigore.

Non si rende necessario in questo caso attendere i consueti quindici giorni, in quanto, a norma dell'art. 15, comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), le modifiche apportate dalla presente legge di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

Tutto ciò avviene senza che ancora siano state predisposte le tabelle che dovrebbero fissare i limiti entro i quali non si rientra più nell'ambito dell'uso cosiddetto "personale" (punibile con sanzione amministrativa), ma si incorre invece nel reato di "spaccio", sanzionato penalmente.

La naturale conseguenza di una situazione come quella appena descritta sarà che il giudice, non potendo individuare nell'elemento quantitativo un riferimento "certo", potrà basarsi esclusivamente sugli altri elementi indiziari, il che comporta, come è evidente, amplissimi margini di discrezionalità.

Il risultato concreto di questo provvedimento fortemente voluto dal governo (che l'ha ottenuto passando attraverso ben due voti di fiducia) e maldestramente contrastato dall'opposizione, sarà dunque esattamente opposto a quello annunciato. Ovvero, a fronte di una volontà dichiarata che mirava a limitare il potere discrezionale dell'organo giudicante, si andrà invece incontro a una totale libertà di interpretazione da parte del giudice di quell'articolo 73, ora modificato, per cui «Chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall’articolo 14, e' punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000». Ma non è tutto: secondo questa stessa legge, con le medesime pene è punito chiunque importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene «sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità , in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento nazionale per le politiche antidroga [limiti questi che, lo ricordiamo ancora una volta, attualmente NON ESISTONO!], ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell’azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale».

Ci chiediamo se e come si intenda governare la situazione che, sin da oggi stesso, rischia di diventare completamente ingestibile. Non sappiamo, al momento, se alle Prefetture siano state date disposizioni adeguate in merito. Certo è che da oggi qualunque cosa può accadere, a chiunque. È questo il triste destino di un "martedì grasso" (che in tanti probabilmente si apprestano a festeggiare senza alcuna consapevolezza di ciò che accade in queste ore), ma purtroppo non è affatto uno scherzo. Rischia invece di divenire una tragica realtà per centinaia, se non migliaia, di persone che presto potrebbero trovarsi in una situazione degna di un romanzo di Kafka.

Va detto infine - e ciò è addirittura cosa ben più grave - che si è stabilito, in termini di prassi legislativa, un precedente finora inaudito che potrebbe essere utilizzato in futuro per gli scopi più diversi e, ora, impensabili: il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 303 del 30 dicembre 2005), infatti NON conteneva l'emendamento che andava a modificare il DPR 309/90. Questo è stato aggiunto dopo, durante il processo di conversione in legge. Tuttavia, si applicano i tempi ele modalità previsti dalla legge 400 del 23 agosto 1988 e, proprio in forza di ciò, l'efficacia del provvedimento parte da oggi, a un solo giorno dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Siamo di fronte a una delle situazioni più perverse che la mente umana potesse concepire. Questa è l'impossibilità della ragione. Nessuno può sentirsi al riparo da ciò che ne potrà scaturire.
spy74
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03/03/2006 16:31
 
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CONTINI: «FINALMENTE MUCCIOLI ESCE ALLO SCOPERTO»
Comunicato stampa diramato alle ore 13:31 del 3 marzo 2006.

ROMA, 3 marzo 2006 – Ha aspettato fino all’ultimo. Unico, insieme a Don Gelmini, tra le centinaia di operatori del settore pubblico e privato a non contestare la nuova normativa sulle droghe partorita dal Governo, finché ha avuto qualche speranza di ottenere ciò che fortemente voleva (o pretendeva, viste le promesse ricevute dai rappresentanti della maggioranza) ha preferito non pronunciarsi. Contrariamente a quanto ha fatto Don Gelmini, non ha esultato dopo l’approvazione della legge, ma ha tentato in tutti i modi di esercitare tutta la pressione di cui era capace per tentare, in extremis, di “correggerla”, di modificarla in senso ancora più restrittivo.

Ora, preso atto del deludente risultato, Andrea Muccioli esce allo scoperto e sfoga tutto il proprio risentimento nei confronti di quegli esponenti politici che per cinque anni l’avevano rassicurato promettendogli un’altra legge. Diversa, più dura. Ancor più cinicamente ottusa di quella esistente.

Non è possibile capire nulla di quanto è successo negli ultimi mesi, se non si considera l’enorme peso e il potere di condizionamento che una realtà come San Patrignano è in grado di esercitare sulla classe politica.

Se la stessa Letizia Moratti - da sempre grande sponsor, finanziatrice e amica della famiglia Muccioli – si è spinta ad affermare (lo ha fatto anche recentemente sulle pagine de “L’Espresso”) che il suo non è che un modesto contributo, una goccia nel mare di finanziamenti che arrivano a quella realtà, è forse possibile individuare un ordine di grandezza che si avvicina molto a quello del PIL di uno Stato non piccolo.

E infatti, la cosiddetta “città modello” è in realtà più simile a un vero e proprio Stato nello Stato che, esattamente con lo stesso metodo e la stessa prepotenza esercitati dalle gerarchie vaticane, preme su un ceto politico ormai incapace di agire autonomamente su propria iniziativa, per ottenere ciò che considera gli sia dovuto.

In più di un’occasione abbiamo definito gli esponenti di questa maggioranza dei “buoni a nulla, capaci di tutto”. L’ira di Muccioli conferma la loro incapacità e inadeguatezza a conseguire quei risultati che pure noi da sempre abbiamo osteggiato in ogni modo.

Ora non siamo noi, ma il leader di San Patrignano a dire che «il rimedio è stato peggiore del male», che «hanno partorito un papocchio elettorale sulla pelle della gente». Eppure i suoi obiettivi erano, sono sempre stati e restano tuttora diametralmente opposti ai nostri.

Ma a questo punto, in piena campagna elettorale, il rischio è un altro. È quello che dalla parte opposta (dove gli amici della famiglia certamente non mancano) si faccia a gara per entrare nelle grazie di San Patrignano. Non si tratta di un rischio remoto, se si considera che i segnali in questo senso non sono mai mancati.

In fondo, la vecchia Jervolino-Vassalli, prima delle modifiche apportate dal voto referendario, a loro andava più che bene. Lo si evince dalle parole di Muccioli riportate da Gian Antonio Stella e lo conferma la stessa Letizia Moratti, che ritiene quella «una buona legge».

Il problema vero si è posto per loro dopo il 1993. Quello fu un duro colpo per Vincenzo Muccioli e per ben tredici anni tutti coloro che orbitano intorno a San Patrignano hanno atteso di poter porre rimedio a quello che considerano, per usare parole del Vicepremier Fini, «un vero e proprio scempio». Proprio così: la volontà del corpo elettorale, quando non va nella direzione voluta da lor signori, diventa “scempio”.

Non ci resta che continuare a vigilare denunciando, come sempre abbiamo fatto, ogni tentativo di sopruso, nella speranza che non riesca questo centrosinistra ad accontentare la Muccioli Holding meglio di quanto il centrodestra è stato capace di fare. Tutto sommato, basterebbe loro restaurare la legge 309 così com’era scritta nel 1990. Un colpo di spugna per cancellare il volere del popolo italiano. Certo, un po’ arduo da chiedersi esplicitamente per chi conservi un minimo di senso del pudore, ma qui da noi – purtroppo – si è sempre fatto un po’ così…
spy74
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03/03/2006 16:33
 
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IL TOSSICOLOGO: NON ESISTE UNA DOSE LETALE PER LA CANNABIS

Tratto da "Liberazione" del 03/03/2006, p.7

«C’e' bisogno di informazione non di proibizionismo». Lo stralcio Fini-Giovandi secondo Nunzio Santalucia, tra i fondatori di Forum Droghe, del centro culturale Canapa e dell’associazione Canapa terapeutica, medico nel Sert del carcere di Pisa

di Emanuela Del Frate

Pubblicato sulla Gazzetta il 28 febbraio scorso, dopo la firma di Ciampi, lo stralcio del Ddl Fini-Giovanardi in materia di droghe e' legge. Tra gli elementi maggiormente criticati dall’opposizione e dagli operatori del settore c’e' sicuramente la riduzione delle tabelle che individuano le sostanze stupefacenti. Infatti se la vecchia legge 309/90 individuava 6 tabelle in cui, le sostanze sottoposte a controllo, venivano suddivise per ordine di importanza e pericolosita', ora la distinzione riguarda soltanto le sostanze che vengono usate terapeuticamente. Tutte le altre, dalla marijuana all’eroina, passando per ecstasy, oppiacei e cocaina, fanno parte di un’unica tabella che non fa distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti. Di questo e degli altri devastanti effetti della legge, ne discutiamo con Nunzio Santalucia. Medico tossicologo, fondatore di Forum Droghe, del Centro Culturale Canapa e dell’Associazione Canapa Terapeutica, presta servizio nel Sert del carcere di Pisa sin dal 1983.

Esistono dei parametri scientifici che supportano questa equiparazione tra droghe leggere e droghe pesanti? Hanno veramente tutte la stessa pericolosita'?

No, questa e' un’equiparazione che non ha nessun valore scientifico. Di fatto questa legge introduce un’unica tabella in cui rientrano tutte le sostanze stupefacenti. Non sono stati presi in considerazione parametri fondamentali. Le sostanze dovrebbero essere distinte in base alla dose letale, al grado di dipendenza che producono, agli effetti collaterali. Se si prendessero in considerazione almeno queste caratteristiche, dovremmo mettere al primo posto l’alcool e i barbiturici, mentre i cannabinoidi occuperebbero soltanto l’ultimo posto. Non esiste una dose letale per la cannabis. O meglio, esiste, ma nessuno fumando spinelli, sarebbe in grado di oltrepassarla. Certo, anche i cannabinoidi hanno degli effetti collaterali che vanno assolutamente conosciuti, ma non c’e' paragone con quelli causati da una sostanza legale come l’alcool. Basta pensare a cosa significa mettersi alla guida dopo aver bevuto o dopo aver fumato. Io sono stato un istruttore di guida e ho sempre ritenuto che, quando si sale in macchina, e' come se si avesse alle spalle un bazooka. Bisogna, quindi, essere lucidi e sempre coscienti, non si dovrebbe usare nessun tipo di sostanza. Ma, mentre l’alcool produce euforia e, a volte, fa perdere il senso del pericolo, i cannabinoidi abbattono l’ansia.

Di fatto, l’equiparazione delle tabelle, reintroduce il concetto di “dose minima giornaliera consentita”che era stato abolito con il referendum del 1991...

Esatto...innanzitutto in questa legge non c’e' il rispetto del popolo italiano che con il referendum ha scelto una strada ben precisa che punta alla non criminalizzazione del consumo e alla non punizione. Inoltre, trovo inconcepibile il fatto che degli scienziati, che la commissione che sta studiando in questi giorni le tabelle, possa decidere sul destino delle persone. Un giudice si trovera' a decidere se un consumatore e' anche spacciatore basandosi sulle dosi indicate dalle tabelle. Cosi', si potra' essere condannati per spaccio anche se, di fatto, non si e' mai commesso il reato. Trovo che questa legge sia assurda. Mi piace parlarne usando la definizione di “assurdita'” che si trova nel vocabolario Devoto: “contraria alla logica del pensiero, della parola, dell’azione (...) Assolutamente sconveniente, inattuabile, incredibile”.

Lei e' autore,insieme a Salvatore Grasso,del “Libro bianco sugli usi terapeutici della Cannabis”. Quali pensa che potranno essere gli effetti della legge sui pazienti che utilizzano i cannabinoidi come medicinali?


Conosco tantissimi malati di Aids, di cancro di sclerosi multipla, di epilessia e di molte altre malattie, che si curano usando questa sostanza da anni, autodenunciandosi in molte occasioni. Dal momento in cui e' stata approvata questa legge, mi sono arrivate moltissime telefonate di questi pazienti che mi hanno annunciato che loro sarebbero andati avanti. Anche nell’illegalita', pur rischiando l’arresto, non rinunceranno ad usare questa medicina. Ecco, io ora voglio vedere cosa accadra', cosa si dira' ad un tetraplegico sulla sedie a rotelle, che riesce ad avere un sollievo immediato agli spasmi soltanto fumando lo spinello. Voglio vedere come si faro' a negargli l’utilizzo dei cannabinoidi. Non riesco ancora a capire se ci sara' da ridere o da piangere. Probabilmente rideremo piangendo.


Altro elemento fondante di questa legge e' la parificazione delle strutture pubbliche,i Sert,con quelle private,ovvero le comunita' di recupero. Quali pensa possano essere gli effetti?
Ci sono molte persone che dicono che sia stata fatta con fini elettorali, altri sostengono che sia una legge populista. Io non credo assolutamente che sia una legge populista. Credo che il vero motivo dell’approvazione sia legato al suo aspetto l’economico. I fondi anti droga esistono ed evidentemente, devono essere erogati a delle strutture precise: quelle che abbracciano la filosofia della “tolleranza zero”. Sono gli interessi economici che hanno portato a dare ai privati la possibilita' di fare una diagnosi sulle tossicodipendenze, al pari delle strutture pubbliche. Le comunita' private fioriranno e, sicuramente, diagnosticheranno dipendenze da cannabis e ospiteranno migliaia di consumatori. Ovviamente, ad ogni ospite corrisponde una retta quotidiana che sara' pagata dal Governo. E’ questa l’assurdita' economica. Abbiamo la certezza che il proibizionismo ha un costo elevatissimo e l’Italia non ha le risorse per concedersi questo lusso. Neanche la piu' grande liberalizzazione delle sostanze costerebbe cosi' tanto.

La legge e' entrata in vigore, ma le tabelle di riferimento non sono ancora state elaborate. Pensa che possiamo aspettarci delle modifiche reali rispetto a quelle inserite in precedenza nel disegno che,per la cannabis,fissavano un tetto massimo di 250 mg, pari a due spinelli?

In questi giorni, lo stesso Giovanardi continua a dichiarare che si sara' arrestati se trovati in possesso di 20 – 30 spinelli; c’e' quindi da sperare che si siano accorti dell’insostenibilita' e dell’assurdita' delle precedenti tabelle. Ma, al di la' dell’effettiva carcerizzazione dei consumatori, restano comunque i danni sociali e morali che sono insiti in questa legge. Non dimentichiamo che, se si e' trovati in possesso di qualsiasi sostanza, scattano comunque le sanzioni amministrative. Sanzioni che comportano il ritiro della patente, del passaporto, il sequestro del veicolo, il divieto di condurre qualsiasi mezzo a motore, cosi' come l’obbligo di firma in questura o di rientrare a casa entro una certa ora. I miei pazienti che sono in cura con il metadone, ad esempio, non possono guidare la macchina, cosi' usano il motorino per andare a lavorare. Con questa legge si troverebbero privati anche di questo mezzo di locomozione. Come si fa perseguitare cosi' delle persone che hanno bisogno di lavorare, di essere integrate nella societa'? Se vogliamo realmente salvare delle persone, le dobbiamo tenere in vita, permettergli di avere una vita normale. Questa legge non salvaguarda la vita, fa aumentare il sommerso, la clandestinita', l’allontanamento dalle strutture pubbliche, emargina e ghettizza completamente i consumatori. La dissuasione salva le vite umane che la proibizione condanna. Abbiamo bisogno di informazione e non di proibizionismo.
spy74
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04/03/2006 20:47
 
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INDAGINE SULLE DROGHE: IL 45% DEGLI ITALIANI LE CONSIDERA TUTTE UGUALI


IL 77% CONSIDERA HASHISH E MARIJUANA MENO PERICOLOSE

PIÙ CRESCE IL LIVELLO DI ISTRUZIONE PIÙ CALA IL GRADIMENTO PER LA NUOVA LEGGE

ROMA - Italiani proibizionisti in materia di droga ma propensi a considerare chi la consuma bisognoso di cura più che di repressione: così sembrerebbe, stando a un'indagine dell'Eurisko, commissionata dall'editore Samuele Piccolo e resa nota oggi, nell'ambito della presentazione di un opuscolo dal titolo "Diamo un calcio alla droga" che sarà distribuito agli studenti delle scuole romane.

Dalla ricerca, effettuata telefonicamente dal 15 al 20 febbraio scorsi su un campione di mille persone over 15, emerge infatti che il 45% degli italiani, quasi la metà, ritiene che le droghe siano tutte uguali, anche se poi hashish e marijuana tendono a essere considerate meno pericolose (77%) di eroina e cocaina (95%).

Un italiano su tre (35%), secondo l'indagine, conosce persone che fanno uso di droga, e il fenomeno appare più prossimo fra i giovani (meno di 18 anni: 60%, dai 18 ai 24 anni: 55%), tra gli studenti (70%), tra chi ha un'istruzione più elevata, chi vive nel Centro e presso la popolazione maschile.

Il 66% considera l'uso di droga una "malattia da curare", ma ben il 22%, cioé quasi uno su quattro, ritiene che si tratti di "un reato che va punito"; in particolare, gli elettori di centrosinistra e del Nord-est sono più orientati a considerarlo una malattia (73%), quelli di centrodestra e del Sud un reato (36%). Inoltre, la necessità di punire chi fa uso di stupefacenti è riconosciuta dal 55% nel caso delle droghe leggere e dal 72% per quelle pesanti; una propensione alla repressione che risulta più marcata al Sud.

Infine, secondo l'indagine Eurisko, il 60% degli italiani si dichiara d'accordo con le nuove norme, che equiparano la pericolosità e la perseguibilità di tutte le sostanze, con una predominanza di elettori del centrodestra. I più favorevoli alla nuova legge sono donne (66%), del Sud (66%) e maturi (55-64 anni). Più cresce il livello di istruzione, invece, più cala il gradimento: i laureati sono infatti i meno entusiasti (37%), quelli con la sola licenza elementare i più convinti (65%).

Nel corso della presentazione dell'opuscolo e della ricerca, lo psicoterapeuta Marco Angeleri, uno dei responsabili della Fondazione Villa Maraini, ha messo in guardia dall'equiparare dipendenza e utilizzo delle sostanze e ha esortato a "dire la verità ai giovani". L'uso di droga, ha spiegato, facilita il rapporto con la realtà: "se un giovane si trova in una situazione conviviale, certamente un bicchiere di vino o uno spinello lo aiutano a sentirsi meglio con gli altri. La droga è un mediatore in questo senso". Con l'età, ha detto ancora, la necessità di questo mediatore normalmente sparisce, ma qualche volta accade invece che se ne senta sempre più il bisogno, e così si passa alla dipendenza, che è una malattia è va curata, anche con i farmaci".

Riguardo alle nuove norme che equiparano tutte le droghe, secondo Angeleri "c'é differenza tra la pericolosità delle varie sostanze", mentre "non è sbagliato che la risposta dello Stato sia uguale per tutte. E comunque, ha sottolineato, "al ritorno da una serata, tra chi si è fumato uno spinello e chi ha bevuto un litro e mezzo di birra, io farei guidare chi ha fumato".
spy74
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06/03/2006 13:15
 
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CUSTODIA CAUTELARE PER IL TOSSICODIPENDENTE: IL NUOVO REGIME DELL'ART. 89 DPR 309/90

Tratto da "Altalex" del 06/03/2006


IL NUOVO ART. 89 DPR 309/90 (rapporto fra art. 275 c.p.p. e l’art. 89)

di Carlo Alberto Zaina


Il nuovo regime dell’art 89 dpr 309/90, così come modificato dalla L. 49 del 21 Febbraio 2006, risente dell’impostazione rigidamente rigoristica e dell’approccio prevalentemente punitivo e restrittivo che il legislatore ha dimostrato nella formulazione delle modifiche al testo sugli stupefacenti.

Non è, infatti, casuale che il nuovo testo della norma in parola sia stato radicalmente mutato nella sua essenza.

Si è passati, infatti, da una previsione, in forza della quale il tossicodipendente, inserito in un programma terapeutico, poteva ottenere anche la revoca della misura vigente, con l’unico limite dell’insussistenza di esigenze di eccezionale rilevanza, ad altra che, invece, ha posto come elemento di centralità della fattispecie, la misura dell’arresto domiciliare.

La cattività domestica si applica, pertanto, in favore di chi dovrebbe essere attinto da un provvedimento sancente la custodia in carcere e sia una persona tossicodipendente o alcooldipendente ed abbia già in corso un programma terapeutico di recupero presso i servizi pubblici per l’assistenza ai tossicodipendenti, ovvero nell’ambito di una struttura privata autorizzata ai sensi dell’articolo 116.

La modifica introdotta non può non suscitare perplessità e dubbi di costituzionalità.

Con il comma 1° dell’art. 89[1] previgente, infatti, si era posto, un indiscutibile e chiaro limite all’uso della custodia cautelare in carcere, (forma estrema di privazione della libertà individuale).

La norma in questione aveva, non a caso, ripreso con froza e nettezza il principio che l’uso della misura custodiale estrema debba essere poggiante su motivi di assoluta eccezionalità.

La custodia in carcere non perdeva, così, quel connotato di scelta estrema, e la disciplina del’art. 89 si poneva in coerente sviluppo con il testo dell’art. 273 comma 3° c.p.p.[2], lasciando ampia libertà al giudice, il quale poteva discrezionalmente valutare la necessità di altra misura meno gravosa, o, addirittura, porre in libertà l’inquisito.

Ora, invece, è stato compiuto un chiaro passo indietro, in quanto tale prospettiva viene maggiormente e fortemente circoscritta, atteso che viene posta una sola chiara alternativa al carcere, la quale consiste nell’arresto domiciliare[3].

Tale misura gradata, stando al tenore letterale del testo normativo (“il giudice, ove non sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, dispone gli arresti domiciliari”), viene adottata dal magistrato in modo automatico, cioè non quale diretta conseguenza di un processo delibativo di natura dicrezionale, e come tale contemperante i vari elementi che devono formare oggetto della valutazione de libertate (in special modo le esigenze di cui all’art. 274 c.p.p. ed il criterio di graduazione, proporzionalità ed adeguatezza della misura rispetto alla personalità dell’inquisito ed al fatto contestato).

Non pare, poi, sufficiente a compensare tale criticabile scelta la conferma del temperamento dato dalla verifica della sussistenza di cautele eccezionali, condizione che assume un carattere di assoluta prevalenza rispetto ad ogni altra circostanza e che, pertanto, non può subire alcun bilanciamento, spiegando efficacia assoluta.

Pare, infatti, che plurimi possano essere i profili di irragionevolezza della norma, che confliggerebbe sia con l’art. 3, che con l’art. 24 della costituzione.

1. Il nuovo art. 89/1° circoscrive, comprimendolo in maniera abnorme, il diritto dell’indagato/imputato, sottoposto ad un programma riabilitativo e di recupero, già in essere, al momento in cui il soggetto potrebbe essere attinto da una misura cautelare carceraria, precludendogli l’accesso a misure diverse e meno afflittive rispetto agli arresti domiciliari.

L’applicazione automatica di tale misura (che formerà oggetto di valutazione autonoma successiva) dipende, quindi, dallo status di tossicodipendenza dell’interessato, condizione che diviene, pertanto, qualità soggettiva arbitrariamente differenziante rispetto, ad esempio, alla situazione personale di un coindagato che, invece, non vertendo in siffatta condizione, può ottenere anche un trattamento cautelare più favorevole e, comunque, diverso.

E’ proprio la diversità del possibile trattamento coercitivo, la quale non dipende da una scelta discrezionale del giudice, ma viene predeterminata ex lege, il fulcro della critica che si muove.

Viene prestabilita dalla legge una situazione di differenziazione, espropriando – come si vedrà infra – il giudice del potere valutativo specifico, ma soprattutto individuando esclusivamente in radice soluzioni automaticamente differenti a vicende fra loro del tutto tra loro omogenee.

Né si può obbiettare a queste osservazioni, sostenendo che, nella fattispecie non vi sarebbe traccia di irragionevolezza, in quanto la scelta criticata sarebbe espressione della discrezionalità politica del legislatore.

Va, infatti, sottolineato che, per giurisprudenza sia costituzionale, che di merito costante, il concetto di irragionevolezza si pone come elemento di confine, il quale acquisisce efficacia, rispetto all’esercizio di potere discrezionale (attribuito al legislatore), in presenza di compromissione della posizione di uguaglianza di soggetti versanti in medesime situazioni oggettive, che provochi una vera e propria discriminazione[4].

La disciplina che si contesta, appare, pertanto, rappresentativa di una incomprensibile scelta del legislatore orientata esclusivamente nel senso del rafforzamento delle ragioni di cautela, e come tale, non è accettabile la previsione di deroghe motivate da esigenze unicamente incentrate sulla pseudo tutela della salute dell'interessato.

Va, poi, sottolineato come, in ogni caso, la richiamata assoluta omogeneità dei termini posti a raffronto, induce a sospettare la norma di incostituzionalità, proprio sul piano della mancata considerazione della gravità del fatto e della pericolosità soggettiva.

E’, quindi, evidente che la disparità di trattamento cautelare, operata fra soggetto tossicodipendente e soggetto non tossicodipendente, non trova giustificazione, per due ordini di motivi.

A) Da un lato l’applicazione dell’arresto domiciliare, quale unica alternativa al carcere, appare, in assoluto, ictu oculi eccessivamente e paradossalmente vincolante per il tossicodipendente.

B) Dall’altro, emerge la sperequazione del trattamento coercitivo cautelare, posto che, mentre per l’indagato-tossicodipendente (che abbia in corso un programma) la misura è ab origine vincolata ed inderogabile, non lasciando alternative di sorta e mortificando il potere discrezionale del giudice, per l’indagato che non verta in condizione di assunzione di stupefacenti, in casi analoghi ed omogenei (o addirittura se concorrente nel medesimo fatto) è ammessa, invece, una piena e completa libertà ed alternatività nella scelta delle misure, le quali possono determinare, in concreto, situazioni più favorevoli o meno favorevoli sul piano personale.

Con il passaggio da un regime, nel quale la tossicodipendenza era condizione che legittimava, si, un trattamento minimamente differenziato, pur nel rispetto del potere del giudice di scegliere ed attingere alla gamma completa di tutte le misure codicisticamente previste, (potendo egli giungere anche alla totale remissione in libertà dell’inquisito), ad un sistema che si fonda su di una misura unica, vincolata e predeterminata per il solo tossicodipendente, il legislatore ha creato un incomprensibile ed arbitrario doppio binario cautelare.

2. Altro profilo di dubbio sorge da un’ulteriore osservazione concernente la scelta dell’arresto domiciliare, intesa quale unica opzione cautelare per il tossicodipendente che abbia in corso (od intenda da attuazione) ad un programma di recupero.

La misura della custodia domiciliare, infatti, secondo il dettato normativo, viene adottata sic et simpliciter.

Parrebbe, cioè, che il giudice possa giungere alla decisione de libertate, senza che si debba dare corso a quella preliminare valutazione delibativa, attinente alla sussistenza, persistenza e spessore delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p. .

La regola di giudizio così formulata, quindi, impone al giudice di pronunciarsi in maniera del tutto svincolata sia dalla disamina del caso concreto, nonché sia della personalità dell’indagato e da un giudizio di pericolosità sociale del soggetto, che, soprattutto in relazione a specifici reati, non può essere pretermesso.

Si tratta, quindi, di un criterio inammissibilmente derogatorio al dettato codicistico, sancito quale lex generalis dall’art. 275 comma 1, 1 bis, 2 e 2 bis c.p.p. .

Viene, così, disatteso, il principio che sancisce la possibilità del giudice di scegliere la misura da adottare, in forza di criteri, che si ispirano alla tipologia delle esigenze da soddisfare nel caso concreto; si crea, inoltre, un patente conflitto fra disposizioni di legge che incidono sul medesimo oggetto, cioè la libertà personale.

La norma di cui all’art. 275 c.p.p. è, come affermato, portatrice di un principio di carattere assolutamente generale, in quanto, ”…nell'indicare i criteri in forza dei quali il giudice di merito deve scegliere la misura idonea a soddisfare le esigenze cautelari, gli attribuisce, nell'ambito di detti criteri, poteri discrezionali assai estesi nella scelta di quella ritenuta adeguata a soddisfare le esigenze cautelari e proporzionata al fatto concreto..”[5].

Il nuovo articolo 89, sul piano squisitamente processuale, introduce, quindi, un’irrazionale previsione, posto che l’automatica adozione della misura domestica, in vece della misura detentiva estrema, in favore del tossicodipendente, non postula affatto quell'indagine che il giudice deve compiere e che deve essere volta ad accertare l'adeguatezza o meno di quest'ultima.

La norma introdotta con la L. 49/2006, quindi, sancisce il superamento e l’accantomento di quel doveroso iter logico che, invece, appare necessario ed indifferibile, poichè presuppone l'individuazione delle esigenze cautelari da soddisfare e l'indicazione delle ragioni per le quali essa viene ritenuta, in ipotesi, non idonea allo scopo né proporzionata all'entità e gravità dei fatti in contestazione.

L’arresto domiciliare, concesso a vantaggio del tossicodipendente in stato di sottoposizione a programma di recupero, si viene a fondare, quindi, con la novella legislativa, sull’introduzione di una mera presunzione iuris et de iure, di adeguatezza di detta misura a tutte le problematiche cautelari del caso di specie, sia oggettive, che soggettive.

Tale criterio, che, come detto, è arbitrariamente svincolato, dalla generale regola di giudizio codicisticamente sancita, determina una evidente disparità di trattamento tra posizioni analoghe.

In buon sostanza, anche questo secondo profilo di dubbio costituzionale, evidenzia rilevanti ed immotivate distinzioni cagionate fra soggetti che possano essere concorrenti nel medesimo reato.

Emerge, come sottolineato in precedenza, l’esistenza di un duplice regime custodiale, formato da un lato da una decisione obbligata – quella dell’arresto domiciliare per il tossicodipendente - che viola qualsivoglia parametro valutativo, non essendo informata al principio di uguaglianza, e dall’altro dall’usuale regime discretivo sostenuto dal codice di procedura penale.

Viene disapplicato, così, in relazione ad una specifica categoria di indagati/imputati, il potere del giudice di decidere motivatamente e scegliere fra le plurime opzioni normative de libertate che sono previste dal codice di rito.

Il passo indietro rispetto al regime previgente, indubbiamente rispettoso del primato della più generale norma processulpenalistica ed informato alla tutela dell’indipendenza di giudizio del magistrato, è sotto gli occhi di tutti.

Il precedente testo dell’art. 89, si faceva preferire, in quanto non vincolava la scelta del giudice ad una unica e specifica misura, espropriandolo di poteri costituzionalmente garantiti, ma utilizzando il termine “revoca”, (che, per la sua ampiezza comprende nel suo alveo anche quello “sostituzione”) permetteva al giudicante di meglio armonizzare, in pari tempo, la scelta del regime coercitivo interinale con lo svolgimento del programma terapeutico, spaziando fra le varie opzioni del libertate ed individuando quella di maggiore pertinenza soggettiva ed oggettiva.

In pari tempo, dal punto di vista strettamente giuridico, il regime cautelare del preesistente art. 89 garantiva un’equiparazione piena e completa fra situazioni soggettive tra loro diverse.

Il tossicodipendente, pur fruendo di uno specifico favore e di una particolare tutela, era sottoposto in tema di misure cautelari al medesimo criterio valutativo, applicabile ad altri soggetti-indagati.

L’unico diverso e più favorevole limite era dato dalla non applicazione della custodia in carcere, in carenza di esigenze cautelari di rilevanza eccezionale.

Tal impostazione permetteva, quindi, di non scadere in situazioni di immotivata disuguaglianza fra soggetti che si trovino in situazioni simili.

Non può, pertanto apparire soddisfacente un scelta, che garantisce una residuale armonia solo con il più generale disposto dell’art. 275 comma 4° e seguenti del codice di procedura penale[6], in tema di divieto della custodia in carcere ed individuazione e scelta delle misure in relazione al caso concreto.

Ciò posto, va detto che l’esame ermeneutico delle altre parti della norma non presenta particolari problemi.

Emerge che l’arresto domiciliare può essere eseguito sia presso il domicilio dell’inquisito, che potrà seguire un piano terapeutico nelle forme del day-hospital, sia cpresso una struttura residenziale.

Se la persona interessata sia indagata od imputata per uno fra i delitti di cui agli articoli 628, terzo comma, o 629, secondo comma, c.p. e nell’ipotesi in cui, senza raggiungere un livello di eccezionalità, possano sussistere particolari esigenze cautelari, l’arresto domiciliare presuppone necessariamente (“è subordinato”) che il programma terapeutico venga svolto in una struttura residenziale.

Il giudice può stabilire, all’atto della sostituzione della misura o successivamente, eventuali forme di controllo necessarie, onde verificare se l’interessato segua effettivamente il programma di recupero.

Va rilevata la scelta della parola “recupero”, definizione che va al di là del significato lessicale del termine usato, al posto di “disintossicazione”, precedentemente usato.

Tale orientamento, induce a ritenere che si sia inteso superare l’idea di stutture pubbliche o private, tese solamente a favorire il superamento della dipendenza psicologica e fisica in senso stretto, per, invece, abbracciare l’idea che la riabilitazione coinvolga una serie di valori di gran lunga più ampi e che possa incidere sulla persona non solo contingentemente.

Va segnalato, poi, che il comma 1° novellato utilizza la locuzione “persona imputata”.

Si tratta dell’ennesima imperfezione terminologica del legislatore, la quale, nonostante l’evidente differenza giuridica fra indagato ed imputato, non pare, però, potere valere ad escludere dal campo di applicazione della norma i soggetti indagati.

Una soluzione opposta restringere abnormemente la fase processuale di intervento della disposizione legislativa, escludendo dalla stessa immotivatamente (ed ingiustamente) la fase delle indagini preliminari e riservando le possibilità previste solo in favore di chi fosse in fase dibattimentale o di udienza preliminare.

La norma perderebbe, così, gran parte della propria significatività.

Non sfugge, invece, alle perplessità in precedenza manifestate anche il comma 2° dell’art. 89, il quale prevede, sempre in favore delle persone già indicate al comma precedente (tossicodipendente o alcooldipendente), che si trovino sottoposti alla misura custodiale estrema, la possibilità di ottenere la sostituzione della misura estrema – in assenza di esigenze cautelari di natura eccezionale -, a condizione che l’interessato intenda sottoporsi ad un programma di recupero presso i servizi pubblici per l'assistenza ai tossicodipendenti, ovvero una struttura privata autorizzata.

Anche in questo caso è palese la riduzione delle opzioni de libertate, le quali si incentrano solo nell’arresto domiciliare.

Conferma nel prospettato senso deriva dalla sostituzione della parola “revoca” (della misura cautelare) con la parola “sostituzione”, scelta che significa la permanenza di un vincolo coercitivo in capo all’interessato.

Valgano, quindi, le osservazioni e le prospettazioni di incostituzionalità già mosse nei confronti del comma 1°.

La norma in esame riconosce, poi, anche alle strutture private accreditate ai sensi dell’art. 116 il potere, in precedenza conferito solo ai SERT, di attestare lo stato di tossicodipendenza del soggetto.

Il tipo di documentazione da produrre non ha, invece, patito siginficative modificazioni.

Vige anche in questa ulteriore ipotesi il vincolo, già esposto e collegato ad una presunzione di pericolosità del soggetto, a che l’inquisito accusato per i delitti di cui agli articoli 628, terzo comma, o 629, secondo comma, c.p. e, sempre, in situazioni in cui sussistano particolari esigenze cautelari, debba necessariamente essere inserito in una struttura residenziale, elemento che subordina l’accoglimento dell’istanza.

Resta, quindi vigente il principio che la verifica dei presupposti richiesti ex lege deve essere rigorosa e meticolosa.

La condizione soggettiva dell’inquisito è, pertanto, criterio di collegamento tra costui e la opportunità di ottenere l’attenuazione della pressione cautelare.

Ciò sta a significare che vige il principio della rigorosa connessione fra devoluzione al giudice della decisione ed iniziativa di parte.

Non può esservi, quindi, da parte del giudicante, provvedimento modificativo il regime cautelare in essere, in assenza di espressa istanza che può essere proposta dall’indagato, dal suo difensore o dal P.M. .

Va, poi, sottolineato come la modifica o revoca della custodia in carcere non può più comportare la immediata riacquisizione di uno stato di libertà piena e completa per l’indagato tossicodipendente.

Con tale scelta, quindi, si mira a creare un solido vincolo in capo ad un soggetto che spesso deve dimostrare capacità di autodeterminazione, di accettazione e di rispetto delle prescrizioni dell’Autorità giudiziaria, onde garantire una continuità del percorso riabilitativo, in quanto si intende fronteggiare una situazione di pericolo presunto e forte rischio recidivante, tramite un penetrante controllo dell’indagato/imputato.

A tali ragioni “istituzionali” si affiancano motivi di opportunità processuale, in quanto spesso si mira a che il periodo di tempo, percorso in comunità, possa essere computato come forma di “presofferto” in favore all’indagato, con detrazione di tale periodo dall’eventuale pena che venisse irrogata, atteso che l’arresto domiciliare è del tutto equiparato alla custodia in carcere, giusto il disposto dell’art. 284/4° cp.p.

E’ evidente che l’accesso alla misura coercitiva gradata domiciliare, impone, comunque, al tossicodipendente oneri che, se violati, impongono il ripristino della misura della custodia cautelare in carcere ai sensi dell'art. 276 c.p.p. (Cfr. Cassazione, Sez. II, 11 Febbraio 2003, n.20105, Tomasino[7]).

Per quanto, invece, concerne gli obblighi – misure di minore afflizione per l’inquisito, ma irrilevanti ed il cui periodo di sottoposizione ed applicazione non è scomputabile dall’eventuale pena – si deve osservare che l’art. 283 comma 5, condiziona la misura, ove si sia in presenza di un programma terapeuticodi recupero.

Le previsioni portate dai commi 1 e 2 novellati dell’art. 89 incontrano, un limite nel disposto del successivo comma 4° (anch’esso novellato)[8].

Tale ultima dispozione nega la possibilità di derogare al regime carcerario estremo, ove sussista la pendenza – a carico dell’interessato – di un procedimento avente ad oggetto uno dei delitti di cui all’art. 4- bis L. 26.7.1975 n. 354[9], fatta eccezione di quelli di cui agli articoli 628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale purche´non siano ravvisabili elementi di collegamento con la criminalita' organizzata od eversiva.

Viene sostituita la previsione precedentemente vigente e che prendeva a parametro i reati ricompresi nell’art. 407 comma 2 lett. a), nn. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 c.p.p. .

In tale elencazione rientravano:

1) delitti di cui agli artt. 285, 286, 416 bis e 422 del codice penale;

2) delitti consumati o tentati di cui agli artt. 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello stesso codice penale;

3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'art. 416 bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo;

4) delitti commessi per finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonche' delitti di cui agli articoli 270, terzo comma, 270-bis, secondo comma, e 306, secondo comma, del codice penale;

5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'art. 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 11;

6) delitti di cui agli artt. 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'art. 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.

Rispetto a tali previsioni l’art. 4 –bis citato prevede, inoltre i delitti di cui a) agli articoli 600, 601, 602 e 630 del codice penale,

b) all'articolo 291-quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43.

Si tratta in tutta evidenza di ipotesi di reato di particolare gravità e tali da suscitare un allarme sociale così rilevante, da giustificare l’ablazione e la compressione massima del diritto del singolo, anche a fronte di un status di tossicodipendenza in capo all’indagato.

Sotto questo profilo, quindi, si può tranquillamente affermare che non sono intervenute serie e sostanziali modifiche rispetto al passato.


[1] - Si riporta il testo dell'art. 89 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, senza le modifiche apportate dalla legge 49/2006:

«Art. 89 (Provvedimenti restrittivi nei confronti dei tossicodipendenti o alcooldipendenti che abbiano in corso programmi terapeutici). - 1. Non puo' essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputata e' una persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero presso i servizi pubblici per l'assistenza ai tossicodipendenti, ovvero nell'ambito di una struttura autorizzata, e l'interruzione del programma puo' pregiudicare la disintossicazione dell'imputato. Con lo stesso provvedimento, o con altro successivo, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il tossicodipendente o l'alcooldipendente prosegua il programma di recupero.
2. Se una persona tossicodipendente o alcooldipendente, che e' in custodia cautelare in carcere, intende sottoporsi ad un programma di recupero presso i servizi pubblici per l'assistenza ai tossicodipendenti, ovvero una struttura autorizzata residenziale, la misura cautelare e' revocata, sempre che non ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. La revoca e' concessa su istanza dell'interessato; all'istanza e' allegata certificazione, rilasciata da un servizio pubblico per le tossicodipendenze, attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, nonche' la dichiarazione di disponibilita' all'accoglimento rilasciata dalla struttura.
Il servizio pubblico e' comunque tenuto ad accogliere la richiesta dell'interessato di sottoporsi a programma terapeutico.

3. Il giudice dispone la custodia cautelare in carcere o ne dispone il ripristino quando accerta che la persona ha interrotto l'esecuzione del programma, ovvero mantiene un comportamento incompatibile con la corretta esecuzione, o quando accerta che la persona non ha collaborato alla definizione del programma o ne ha rifiutato l'esecuzione.

4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano quando si procede per uno dei delitti previsti dall'art. 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6), del codice di procedura penale.
5. Nei confronti delle persone di cui al comma 2 si applicano le disposizioni previste dall'art. 96, comma 6.».

[2] L’articolo in oggetto recita testualmente “la custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata”.

[3] Il nuovo art. 89 recita:

1. Qualora ricorrano i presupposti per la custodia cautelare in carcere il giudice, ove non sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, dispone gli arresti domiciliari quando imputata e'una persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero presso i servizi pubblici per l’assistenza ai tossicodipendenti, ovvero nell’ambito di una struttura privata autorizzata ai sensi dell’articolo 116, e l’interruzione del programma puo' pregiudicare il recupero (disintossicazione) dell’imputato. Quando si procede per i delitti di cui agli articoli 628, terzo comma, o 629, secondo comma, del codice penale e comunque nel caso sussistano particolari esigenze cautelari, il provvedimento e' subordinato alla prosecuzione del programma terapeutico n una struttura residenziale. Con lo stesso provvedimento, o con altro successivo, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il tossicodipendente o l’alcooldipendente prosegua il programma di recupero ed indica gli orari ed i giorni nei quali lo stesso puo'assentarsi per l’attuazione del programma.

2. Se una persona tossicodipendente o alcooldipendente, che e' in custodia cautelare in carcere, intende sottoporsi ad un programma di recupero presso i servizi pubblici per l’assistenza ai tossicodipendenti, ovvero una struttura privata autorizzata ai sensi dell’articolo 116, la misura cautelare e'(revocata) sostituita con quella degli arresti domiciliari ove non ricorrano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. La sostituzione (revoca) e' concessa su istanza dell’interessato; all’istanza e' allegata certificazione, rilasciata da un servizio pubblico per le tossicodipendenze o da una struttura privata accreditata per l’attivita'di diagnosi prevista dal comma 2, lettera d), dell’articolo 116, attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, la procedura con la quale e' stato accertato l’uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche, nonche´ la dichiarazione di disponibilita' all’accoglimento rilasciata dalla struttura. Il servizio pubblico e' comunque tenuto ad accogliere la richiesta dell’interessato di sottoporsi a programma terapeutico. L’autorita' giudiziaria, quando si procede per i delitti di cui agli articoli 628, terzo comma, o 629, secondo comma, del codice penale e comunque nel caso sussistano particolari esigenze cautelari, subordina l’accoglimento dell’istanza all’individuazione di una struttura residenziale".

[4] Cfr. ex plurimis Cons. Stato, 24/02/2004, n.714, P.V. e altri C. Presidenza del Consiglio, Foro Amm. CDS, 2004, 397

[5] Cass. pen., sez. IV, 19/11/2004, n.275, Chakhsi, Guida al Diritto, 2005, 15, 101

[6] Art. 275 (Criteri di scelta delle misure) – commi 1, 1 bis, 2, 2 bis, 2 ter e 3 omissis

4. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, ovvero persona che ha superato l'età di settanta anni.

4-bis. Non può essere disposta ne' mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l'imputato e' persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'articolo 286-bis, comma 2 , ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere.

4-ter. Nell'ipotesi di cui al comma 4-bis, se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non e' possibile senza pregiudizio per la salute dell'imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza. Se l'imputato e' persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, gli arresti domiciliari possono essere disposti presso le unita' operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre unita' operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell'assistenza ai casi di AIDS, ovvero presso una residenza collettiva o casa alloggio di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135.

4-quater. Il giudice può comunque disporre la custodia cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei delitti previsti dall'articolo 380, relativamente a fatti commessi dopo l'applicazione delle misure disposte ai sensi dei commi 4-bis e 4-ter. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.

4-quinquies. La custodia cautelare in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase cosi' avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.

[7] CED Cassazione, 2003

[8] Il comma 4 e' sostituito dal seguente:

"4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano quando si procede per uno dei delitti previsti dall’articolo 4-bis della legge 26 Luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, ad eccezione di quelli di cui agli articoli 628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale purche´ non siano ravvisabili elementi di collegamento con la criminalita' organizzata od eversiva ";

[9] Come già detto in altra parte si tratta di delitti di particolare gravità, in relazione alla commissione dei quali si deve accertare la pericolosità dell’autore, ma soprattutto, per ottenere l’accesso ai benefici dell’ordinamento penitenziario gli interessati devono collaborare con la giustizia a norma dell'articolo 58-ter della L. 354/75.
spy74
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09/03/2006 20:08
 
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Quasi tutto proibizionista e targato An il comitato che stabilirà il confine tra consumo e spaccio
DROGA, LA COMMISSIONE DEGLI ESPERTI A SENSO UNICO
Tratto dal "Corriere della sera" del 07/03/2006

Quasi tutto proibizionista e targato An il comitato che stabilirà il confine tra consumo e spaccio

di GIAN ANTONIO STELLA

Cosa direbbe la destra se gli esperti di una commissione sulla droga fossero tutti anti-proibizionisti e magari per metà pannelliani? Scoppierebbe, giustamente, l'inferno. Come giustamente sta montando la polemica sui «tecnici» chiamati a fissare il confine tra consumo e spaccio: non solo otto su otto sono proibizionisti ma per la metà hanno il timbro di Alleanza nazionale. Il nodo è stabilire la quantità di marijuana o cocaina che uno può avere addosso senza essere considerato un pusher. Nodo centrale. Tanto più che il governo ha deciso, sposando la linea della «tolleranza zero» nella versione più rigida, di comporre non una serie di tabelle che tenessero ben distinti la «canna», le pasticche micidiali di acido o il buco di eroina, ma una sola, per tutte le 150 sostanze all’indice.

Quanto sia complesso il tema, poi, ce lo dice non solo l’episodio raccontato l’altro giorno sul Corriere (quattro mesi di carcere per due dosi di hashish al musicista ugandese Segalunyu King, assoluzione «per uso personale» a un restauratore che di dosi ne aveva 8.230) ma la sortita di un insospettabile. Cioè Berlusconi che a Matrix , sere fa, ha spiegato che i limiti in via di definizione non saranno affatto feroci e buttato lì che chi parte per una lunga vacanza possa fare una scorta di 200 spinelli «così potrà fumarne uno al giorno».

Una quantità che secondo Guido Blumir, presidente del Comitato scientifico «Libertà e droga», andrebbe addirittura oltre i «processi di depenalizzazione attuati nei Paesi occidentali e liberali» visto che a New York «il limite sotto al quale non c’è reato è di 28 grammi di marijuana, a Mosca 20, a Berlino e in Canada con la nuova legge 15. Quantità che corrispondono a 50-90 spinelli di media qualità e di media grandezza». Prova provata che, al di là dell’esegesi delle parole del Cavaliere, sul problema c’è una gran confusione e stabilire il confine tra il consumatore e lo spacciatore, come riconosceva l’altro giorno lo stesso leader di San Patrignano Andrea Muccioli nel suo durissimo attacco a Fini e Casini, rei di aver varato una «schifezza elettorale» senza prima mettere a punto le tabelle, è complicato. Tanto più, dicono le opposizioni, se la pretesa è quella di fissare limiti «scientifici».

La divergenza di opinioni è tale che Umberto Veronesi, che Berlusconi pensò di confermare come ministro della Sanità riconoscendogli di essere un uomo difficile da marchiare come «comunista», ha scritto: «Chi ha imposto la nuova legge ha enfatizzato il valore deterrente della prigione e delle pesantissime sanzioni, ma l’intera storia delle leggi repressive ci parla di insuccessi: nemmeno la pena di morte, nelle società in cui essa viene applicata, è mai riuscita ad abbassare il tasso dei delitti». E dopo aver bocciato l’idea che un «fenomeno di massa» come lo spinello «che riguarda pressappoco il 50% dei nostri giovani» si possa affrontare «allestendo una vera e propria macchina da guerra poliziesca», ha ricordato che, se l’eroina fa mille morti l’anno, l’alcool ne fa 30 mila e il tabacco 80 mila.

Insomma: la materia è così dannatamente complessa, coi sostenitori di San Patrignano che tirano da una parte e gli antiproibizionisti (anche a destra) che tirano dall’altra, che la commissione doveva essere, per competenza, indipendenza, onestà intellettuale, inattaccabile. O almeno doveva ottenere da tutti (tutti) il riconoscimento che di meglio proprio non si poteva fare. E invece?

Per carità, neppure i critici hanno nulla da dire su Donato Greco, Claudio De Giuli e Piergiorgio Zùccaro: sono altissimi dirigenti del Ministero o dell’Istituto Superiore di Sanità. Che il governo fosse rosso, giallo o blu da loro doveva passare. Ma gli otto «esperti»? Roberto Gagliano Candela, presidente della Società Italiana di Tossicologia Forense, è un medico legale che insegna a Bari e sugli stupefacenti, stando al motore di ricerca delle biblioteche italiane, avrebbe scritto un solo libro vero e proprio, «I giovani e la droga», venti anni fa. Sarà bravissimo ma Andrea Muccioli non lo conosce, Alfio Lucchini (presidente delle Federserd, la federazione delle associazioni degli operatori pubblici) non lo conosce e Beppe Vaccari, responsabile per la droga dei Ds non lo conosce. Come mai?

Marcello Chiarotti è un medico legale, vanta 172 pubblicazioni di tossicologia forense, insegna alla Cattolica, è considerato un asso nel suo settore ma, dicono le opposizioni, andrebbe benissimo se la sua preparazione fosse accompagnata dalla presenza di esperti in altri campi e non solo da colleghi tossicologi. Come docenti di tossicologia sono Franco Lodi (Università di Milano) e Santo Davide Ferrara (ateneo di Padova), stimatissimi essi pure ma comunque riconducibili, secondo Blumir, «al mondo di quelli che hanno visto la droga solo nelle autopsie o sul vetrino del microscopio senza mai lavorare coi tossicodipendenti».

E questo è il punto, sottolineato anche da Lucchini, Vaccari e da un’interrogazione parlamentare di Katia Zanotti: su otto esperti non c’è un medico terapeuta, un operatore di strada, un responsabile di comunità di recupero... E poi manco un poliziotto, un carabiniere, un giudice o un prete in prima linea: zero. Non bastasse, non ce n’è uno cui la sinistra e gli oppositori della nuova legge sulla droga riconosca di non essere decisamente schierato sul fronte dei proibizionisti, «più o meno duri», se non proprio dichiaratamente a destra.

Ma non è tutto. Carmelo Fùrnari, lui pure tossicologo, docente a Tor Vergata, è stato fortissimamente voluto alla presidenza del Comitato Scientifico del Dipartimento antidroga da Alleanza Nazionale. Come di An è l’ex dirigente del Fuan Andrea Fantoma, dirigente del Dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio. E di An l’ex capo del Dipartimento antidroga Nicola Carlesi, che col partito di Fini è stato anche deputato. E ancora di An, per un totale di quattro su otto «tecnici», è l’ultima dei componenti, il medico legale Luisa Regimenti, voluta da Storace quale responsabile per le politiche femminili nel Lazio.

Bravi? Mediocri? Bravissimi? Il punto non è questo. Gli stessi oppositori sono pronti a riconoscere a Carlesi, Fantoma e altri ancora di conoscere bene la loro materia. Men che meno nessuno può discutere la legittimità delle loro opinioni. Ma resta la domanda iniziale: una commissione così delicata può essere così schierata? Cosa succederebbe, se a parti rovesciate facessero le riunioni fumandosi una «canna»?
morris
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12/03/2006 14:20
 
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la giustizia e la libertà? . . . . solo per loro
[SM=g27812] E' uno schifo , come al solito si fanno le leggi per il popolo ma alla fine il risultato è sempre lo stesso : loro sono sempre liberi di fare di fumare,di pippare,come vogliono e nessuno può fargli nulla.
Prova tu a farti beccare : ti fanno un c......così,anche se sei alla prima volta.
spy74
[Non Registrato]
15/03/2006 06:31
 
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QUANTA DROGA IN 23 SPINELLI?
QUANTA DROGA IN 23 SPINELLI?
Tratto dal "Messaggero" del 14/03/2006, p.12



Il ministro Giovanardi ha detto che chi verrà trovato con l’equivalente di principio attivo superiore a quello necessario per fare 23 spinelli, sarà considerato spacciatore. Difficile dire quanto hascisc o marijuana vengano utilizzati per uno spinello. Ma è probabile che nelle tabelle venga specificato che si tratta di 4-5 grammi di principio attivo in tutto.
spy74
[Non Registrato]
15/03/2006 06:43
 
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DROGHE: PERDUCA ALLA COMMISSIONE ONU SULLE DROGHE PER SOSTENERE INDUSTRIALIZZAZIONE DELLA FOGLIA DI
13/03/2006 | DROGHE: PERDUCA ALLA COMMISSIONE ONU SULLE DROGHE PER SOSTENERE INDUSTRIALIZZAZIONE DELLA FOGLIA DI COCA E OPPIO PER MORFINA

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Dal 13 al 17 marzo, Marco Perduca, Rappresentante all'ONU del Partito Radicale Transnazionale e membro della Direzione della Rosa nel Pugno, sara' alle Nazioni unite di Vienna per seguire la 49esima sessione della Commissione Droghe. Il Partito Radicale, unica organizzazione affiliata all'ONU che ne critica il proibizionismo in materia di sostanze stupefacenti, presentera' un documento in cui si, in controtendenza con le raccomandazioni presentate dal direttore dell'agenzia contro la droga e il crimine Antonio Maria Costa invita gli Stati membri dell'ONU ad avviare la produzione di foglia di coca per fini industriali e la possibilita' di poter far produrre legalmente l'oppio all'Afghanistan per farne morfina.

Il documento puo' essere scaricato su www.radicalparty.org

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